Un confronto fra Sartre e Heidegger sul tema dell'umanismo


Nel dibattito filosofico precedente e successivo la seconda Guerra Mondiale un ruolo centrale è svolto dalla corrente di pensiero “esistenzialista”, che pone attenzione particolare al problema dell’esistenza, concepita come il modo di essere proprio dell’uomo.
L’esistenza non è considerata puramente a livello astratto, ma è una categoria che riguarda la quotidianità del vivere dell’essere umano, il quale si trova nel mondo “qui ed ora” (da sein).
L’uomo è in una condizione di “finitezza” nella sua drammaticità/tragicità nel momento in cui compie delle scelte come “soggetto libero”. Questa libertà dà all'individuo la possibilità di essere sia autentico che in autentico.
Esistono profonde differenze fra le diverse filosofie esistenzialistiche. In primis per il tema della “trascendenza”, negata con veemenza dall'ateo Sartre o sottintesa invece chiaramente da Heidegger, anche senza nominarla esplicitamente.
Le differenze ricalcano anche una categoria geografica, potendosi evidenziare una certa caratterizzazione tipica dell’esistenzialismo tedesco, di cui Jasper e Heidegger sono gli iniziatori storici, rispetto all'esistenzialismo francese (Marcel, Sartre). In Francia questa corrente di pensiero, che si sviluppa successivamente, ha avuto maggior successo, diventando un fenomeno culturale in senso più ampio, fino alla fine degli anni Cinquanta.
Sartre solleva nel suo scritto “L’esistenzialismo è un umanismo” (1946) la tesi che l’esistenzialismo sia una forma di umanismo, non inteso come esaltazione dell’uomo come fine o valore superiore, come una dottrina finalistica o metafisica in un universo antropocentrico, ma nel senso che l’uomo, proiettandosi fuori di sé nell’universo della soggettività umana, nel rivolgersi nuovamente verso sé stesso, attuerà la sua liberazione, realizzandosi come essere umano. Valorizzerà il mondo nel quale egli esiste attraverso il progetto. Con la trascendenza dallo stato contingente avrà la possibilità del superamento di cose e situazioni connaturate all’essere umano, e non immanenti.
Con la “Lettera sull’umanismo” (1947) Heidegger prende spunto da un problema sentito particolarmente nel mondo filosofico francese del secondo dopoguerra, che è la tematica dell’impegno politico/sociale degli intellettuali: “come ridare oggi un senso alla parola umanismo?” per rispondere polemicamente a Sartre.
Raggi di luce nel bosco | Bosco, Foreste, NaturaHeidegger si domanda se sia  necessario utilizzare il termine “umanismo”, tipico del pensiero filosofico occidentale. I Greci non hanno usato infatti le categorie tipiche del pensiero umanistico (etica, logica, ecc.). I primi a parlare di humanitas sono stati invece i Romani, ripresi dal pensiero rinascimentale e poi, nel XIII secolo, da ultimo da Sartre. Heidegger storicizza la sua analisi in riferimento al pensiero che indaga la verità dell’Essere. Tutte le formulazioni del pensiero dell’umanismo concordano sul fatto che humanitas e homo, fissate in natura e nella storia, sono fondamento del mondo, cioè dell’Essente nella sua totalità. Ogni umanismo si fonda su una metafisica, cioè sull'interpretazione dell’Essente quale semplice presenza. Per Sartre, invece, il principio dell’umanismo esistenzialista è che l’esistenza preceda l’essenza, e questo determina il primato dell’Essere e non solo dell’uomo. Per Heidegger l’elemento fondamentale è invece l’Essere, non l’esistenza, e ciò non esclude un ruolo decisivo dell’esserci (da sein), nel quale l’Essere si esplicita, è occasione del suo accadere, il “bosco” che è sia luce che oscurità (disvelamento e occultamento della verità). Secondo Heidegger l’errore di Sartre è quello di aver dimenticato l’Essere proprio nell'esaltazione dell’uomo (umanismo), scordando il suo fondamento, le circostanze per le quali, è sì fondatore del senso del mondo, ma nello stesso tempo in-fondato nel suo stesso essere. L’unico vantaggio nel recuperare l’espressione “umanismo”sarebbe allora quello di porre l’attenzione su questo punto fondamentale. L’analisi di Heidegger si può considerare il tentativo di evidenziare il primato della verità del reale in un’epoca, che del resto come quella odierna, si presenta all'insegna della più completa estraneazione.



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